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La dipendenza affettiva: quando l’amore diventa ossessione. Articolo.

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“Il mio slancio è infinito come il mare, e non meno profondo è il mio amore; più te ne dono più ne possiedo, perché entrambi sono infiniti (William Shakespeare).

La dipendenza affettiva non è stata ancora inserita nel DSM-V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali), nonostante comprometta una dimensione fondamentale dell’esistenza, quella della capacità di amare, e sia considerata, da numerosi autori, come essere alla base di tutte le altre forme di dipendenza (da sostanze stupefacenti, da cibo, dal gioco d’azzardo ecc). Ma cerchiamo di comprendere meglio di che cosa si tratta.
Innanzitutto la dipendenza affettiva va distinta dal mal d’amore che è il disagio o malessere di tipo malinconico derivante dal desiderio di avere una relazione con una persona che ancora non si conosce ma sulla quale vengono proiettati i propri desideri o dall’investimento affettivo verso un’altro non disponibile o da cui si viene rifiutati. Il rifiuto crea una ferita narcisistica e intacca l’autostima senza tuttavia creare un disagio importante non essendo ancora instaurata una relazione d’amore. Il mal d’amore può anche essere lo stato d’animo presente nella fase iniziale di una relazione, quella dell’innamoramento, che precede la stabilità di un rapporto (Monaco, 2011).
La dipendenza affettiva, invece, si caratterizza per la mancanza cronica di reciprocità nella vita affettiva e/o per l’incapacità di avere relazioni intime stabili e durature; le relazioni amorose vengono vissute con malessere psicologico e/o fisico e come se fossero un inferno intervallato da qualche momento di benessere oppure un incubo/gabbia da cui è difficile/impossibile uscire. Infatti chi è affetto da dipendenza affettiva vive uno stato continuo di allerta e ansia dovuto alla paura dell’abbandono, della separazione, della solitudine e del tradimento. Ad. esempio se il partner non risponde ad una telefonata la persona può temere un abbandono definitivo e sprofondare nell’angoscia abbandonica e nella disperazione come se la relazione fosse terminata in quel momento. Tale reazione deriva dall’incapacità di aver interiorizzato dentro di sè la presenza dell’altro e quindi di sentirsi al sicuro nella relazione.
Il dipendente affettivo tende a stabilire relazioni simbiotiche, fondendosi con l’altro che diventa l’unica ragione della propria esistenza, e a perdere la propria identità per la mancanza del senso di indipendenza che invece consiste nel potersi percepire nella propria completezza, come unità distinta dal partner, nell’essere autonomi e nella capacità di stabilire relazioni intime basate sullo scambio e sulla reciprocità.
L’amore dipendente, secondo Wright e Wrigth (1990), è parassitario poichè la tendenza del dipendente affettivo a chiudersi alle esperienze esterne e in se stesso, definita stagnazione o autoassorbimento, si traduce, a livello relazionale, nella continua richiesta all’altro di rinunce (ad. esempio di uscire con gli amici o di dedicare meno tempo ai propri interessi ecc). Inoltre genera: gelosia che si alimenta ponendo l’attenzione sui comportamenti negativi della persona amata senza riuscire a “vedere” quelli positivi” di accettazione; possessività e pensieri ossessivi (quando mi sveglio penso a te, quando mangio penso a te, penso sempre a te) nei confronti del partner.
La dipendenza affettiva, che scaturisce dal timore, non riconosciutodi stabilire una relazione intima profonda e duratura, porta inconsciamente alla ricerca di partner non disponibili; la ricerca dell’altro in realtà è alimentata dal rifiuto senza il quale probabilmente il presunto amore non nascerebbe nè durerebbe. Tanto maggiore è il rifiuto tanto più il desiderio dell’altro aumenta. Di conseguenza chi è dipendente affettivo è attratto da persone problematiche (dipendenti da droga, alcol, gioco d’azzardo ecc) o rifiutanti, sfuggenti, irraggiungibili (sposate o non interessate alla relazione o a loro volta dipendenti affettivi) e, nel contempo, manifesta intolleranza verso persone equilibrate che gli dimostrano interesse, gli danno attenzione e si comportano in modo gentile ed affidabile suscitando in lui apatia, senso di noia e talvolta anche di disgusto.
L’insicurezza nel vivere una relazione d’amore e/o lo stabilire legami con persone problematiche e/o maltrattanti che possono anche esercitare violenza fisica e/o psicologica, è sottesa dalla tendenza ad evadere in fantasie basate sulla speranza di un possibile cambiamento dei comportamenti del partner, più che basarsi sull’accettazione o visione della persona reale, e dall’assunzione delle responsabilità del malfunzionamento della vita di coppia. Pur di evitare la fine della relazione per il terrore dell’abbandono, il dipendente affettivo è disposto a subire umiliazioni o a fare cose impensabili per chi riesce ad avere una vita affettiva positiva, stabile e appagante (Lingiardi 2005).
La dipendenza affettiva definita anche droga d’amore o loveaddiction, come la dipendenza da sostanze stupefacenti, si caratterizza per uno stato di piacere, euforia, ebbrezza derivante dalla presenza e compagnia del partner (effetto dell’assunzione della sostanza); per la tolleranza, ovvero il bisogno di aumentare la quantità di tempo (di dose della sostanza) da trascorrere con lui; per l’astinenza, ovvero il senso di agitazione e di angoscia (sintomi derivanti dalla mancanza della sostanza) che subentra in assenza del partner e,infine, il craving, ovvero il bisogno compulsivo di parlare con lui almeno al telefono e/o di vederlo (necessità di riassumere la sostanza) (Giddens, 1992).
La dipendenza affettiva può manifestarsi attraverso modalità differenti; si resta insieme al partner anche se la relazione rende infelici (dipendenti dalla relazione); usare la seduzione e il dominio per controllare il partner rimanendo distaccati nella relazione con comportamenti violenti se si viene lasciati (dipendenti affettivi narcisisti); mantenere le relazioni superficiali interrompendole nel momento in cui stanno diventando troppo intime, avere più partner in contemporanea attraverso relazioni di breve durata, avere relazioni solo per fare sesso o stare in compagnia, perseguitare la persona non disponibile di cui si è innamorati fino ad arrivare allo stalking (dipendenti affettivi ambivalenti).
Ma, quali sono le cause della dipendenza affettiva?L’ipotesi corrente, in ambito clinico, è che le persone che soffrono di dipendenza affettiva, sin dalla primissima infanzia (feriti precoci), abbiamo ricevuto il messaggio da parte delle figure di attaccamento (genitori o caregiver) di non essere degne di essere amate o che i loro bisogni non erano importanti, sviluppando un’autostima estremamente bassa (non valgo nulla) e la convinzione profonda di non meritare la felicità.
Riprendendo gli studi dell’Infant Research relativi all’interazione madre-bambino, se in quest’ultima non c’è stata una sintonizzazione (Stern 2005) o sincronizzazione (Tronick 2008) sufficientemente buona a livello di comunicazione non verbale (mimica facciale, postura del corpo) in termini di rispecchiamento e di prosodia del discorso (tono e ritmo di voce), il piccolo può rappresentarsi come non degno di attenzione, costruire un’immagine negativa di sè ed avere problemi a livello interpersonale. Da adulto avrà difficoltà a modulare la relazione, ovvero potrà essere aggressivo nell’avvicinarsi all’altro o evitante agendo una serie di comportamenti da cui deriveranno delusioni d’amore continue.
Il dipendente affettivo, molto probabilmente, ha avuto un genitore problematico e/o maltrattante/abusante, irraggiungibile affettivamente o che lo ha abbandonato o dal quale si è sentito rifiutato e/o tradito e che ha dovuto idealizzare per potesi identificare con lui e poterlo amare, per poi, da adulto, amare l’altro idealizzato. Secondo la Norwood (1985) chi soffre di dipendenza affettiva ha vissuto in famiglie caratterizzate da litigi, tensioni, violenza psicologica e/o fisica fra genitori e/o tra genitori e figli/e; da stili educativi contradditori; dall’uso improprio dei  figli rispetto alla sessualità o ai ruoli da ricoprire in famiglia; da un’estremo autoritarismo e severità rispetto all’uso del denaro o alla moralità e all’etica con trascuratezza dei bisogni affettivi e di contatto corporeo; da comportamenti compulsivi inerenti il lavoro, il cibo, la pulizia, lo shopping, il gioco, l’alcol e le droghe.
Una particolare forma di “dipendenza affettiva” riscontrata nelle famiglie di alcolisti o tossicodipendenti o nelle coppie con un membro dipendente da alcol o da sostanze è la co-dipendenza che si connota per l’annullamento di conseguente al dedicare la maggior parte del tempo della propria vita e delle proprie energie alla persona dipendente (Johnson 1973).
Tale comportamento, definito da Whitfield (1997) “malattia del Sè perduto” porta alla strutturazione di un “falso Sè” e alla creazione di una “falsa vita”; il co-dipendente vive in funzione dell’altro e dei suoi bisogni negando e rinunciando ai propri e identificandosi  con la persona problematica (genitore, figlio, partner), che apparentemente tenta di salvare, nel tentativo, in realtà, di salvare se stesso. In realtà la co-dipendenza contribuisce a mantenere lo stato patologico dell’alcolista o del tossicodipendente, il cosidetto “paziente designato”,ma che non è il solo ad avere bisogno di aiuto (Norwood , 1985).

Bibliografia.
Giddens, A. The Transformation of Intimacy: Sexuality, love and Eroticism, Cambridge, Polity Press, 1992.
Lingiardi V., “Personalità dipendente e dipendenza relazionale”, in Le dipendenze patologiche a (cura di Caretti V. e La Barbera D.), Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005.
Monaco M, Una cicatrice sul cuore, Screenpress, 2011.
Norwood R, Donne che amano troppo, Feltrinelli, Milano, 1985.Whitfiled C.L. , Co-dependence. Healing the Human Conditionm, Atlanta, Health Communications, 1991. Johnson, V.E, I’ll quit tomorrow, San Francisco, Harper & Row, 1973.
Whitfield C.L.,  “Co-dependence, addictions, and related disorders, in  JH Lowinson, P Ruiz, RB Millman, JG Langrod  Substance Abuse – A Comprehensive Textbook, 3rd ed. Baltimore, Williams & Wilkins, 1997, pp. 672-683.
Wright P.H., Wrigth K. D., 1990, “Measuring codependents’ close relationships: a preliminary study“, in Journal Subst Abuse, 2, 335-344.
Stern D, Il momento presente, Raffaello Cortina Editore,Milano,2005.
Tronick, La regolazione emotiva, Raffello Cortina Editore, Milano 2008.